Si stava meglio quando si stava peggio

Mi si è guastata la caldaia di casa, quella che produce acqua calda e il riscaldamento. Ci vogliono diversi giorni per riuscire a sistemarla o a cambiarla, è un modello vecchio, da esterno e ad incasso. Dicono che adesso non le fanno più così. Comunque non è per questo che scrivo.
Tutto questo mi ha fatto ripensare alla mia infanzia, quando queste cose non c’erano. Eppure non è tantissimo tempo fà, ma ripensandoci oggi, al lume di tutte le tecnologie che abbiamo, sembra medio evo.

Sono nata in un paesino di campagna, tipico borgo contadino, vicino alla città. Ricordo però che quando ero piccola non c’era la rete idrica, quindi non avevamo acqua in casa. C’erano i pozzi dove con i secchi andavamo più volte al giorno a prendere l’acqua che ci serviva per tutto, dall’igiene personale, alla cucina. Per fare il bucato, niente lavatrice, ma i bozzi pubblici dove tutte le donne del paese andavano a lavare i panni.

Adesso ripensandoci sembra davvero che quella fosse stata una vita dura. E forse da una parte era così perchè non avendo acqua in casa non avevamo neanche i bagni, intesi come oggi con il wc, il bidet, il lavandino e la vasca da bagno., ma dei piccoli sgabuzzini con una buca e carta di giornale al posto della carta igienica che ancora in campagna non era conosciuta. Quando finalmente portarono la rete idrica in paese, mio padre fu uno dei primi a fare un bagno così come lo intendiamo oggi.

Mi ricordo ancora che vennero diverse famiglie a vederlo. Si, la vita era più difficile di quella di oggi. Oggi abbiamo tanti elettrodomestici che fanno tantissime cose che solo 50 anni fà una donna doveva fare senza nessun aiuto. E anche allora le donne lavoravano, non erano solo casalinghe, magari non tutte ma la maggior parte si. Se non si aveva un lavoro vero e proprio in campagna ci si dava da fare, nell’orto, nei campi, o con piccoli lavoretti di maglia, uncinetto o ricamo. Era la gente però che era diversa. Molto diversa da com’è oggi. Io posso parlare solo della vita di campagna, non ho mai vissuto in città e forse in città la gente non era come in campagna.


In campagna ci conoscevamo tutti e c’erano tantissime cose che condividevamo. Le case erano aperte a tutti, noi bambini andavamo da una casa a un’altra senza bisogno di inviti, ed era così anche per gli adulti. Ricordo quando nel piccolo borgo dove ero nata arrivò il primo apparecchio televisivo. La radio si può dire che l’avevano tutti, ma la televisione fu veramente una gran novità, anche se tutti sapevamo cos’era, aggiornati dai cittadini dove era arrivata un pò prima. La casa del fortunato possessore del primo apparecchio televisivo diventò la casa di tutti. I ragazzi si ritrovavano li alle 5 quando iniziava la tivu dei ragazzi.

Gli adulti la sera dopo cena a vedere un film o uno spettacolo o anche solo il telegiornale. E questo è durato fino a che qualcun altro non ha potuto comprare un apparecchio televisivo, ma in casa di questa famiglia, tutti eravamo benvenuti. L’estate la sera dopo cena ci mettevamo nell’aia con le sedie a sdraio e gli adulti chiacchieravano del più e del meno e noi ragazzi giocavamo con i covoni del grano o a nascondino. E quasi ogni sera qualcuno portava il cocomero che ci dividevamo fra tutti.

L’inverno sempre dopo cena tutta la famiglia si spostava in un’altra casa a turno e ci sedevamo intorno al fuoco (tutti avevano una stufa a legna o un camino allora) a mangiare frugiate e gli adulti a bere vino caldo aromatizzato con chiodi di garofano e cannella. E anche allora si portava qualcosa, un pezzo di focaccia, una frutta, o dei biscotti. Mi piacevano tantissimo quelle serate perchè i nonni ci raccontavano sempre storie abbastanza paurose, ma che chiedevamo in continuazione di raccontarci. C’erano anche delle altre occasioni in cui tutta la piccola comunità si riuniva.

Per esempio il 15 di agosto il torrente che passava vicino alle nostre case, veniva deviato per prendere tanti pesciolini che poi venivano fritti e mangiati da tutti su dei tavoli messi nell’aia con delle panche. Un’altra volta veniva deviata l’acqua dalla gora che portava acqua al mulino e gli uomini tiravano fuori tante belle anguille, che venivano cucinate e mangiate tutti insieme.
Essendo un contesto contadino, la vita era scandita dalle stagioni. C’era il periodo della semina, dei raccolti, dell’orto, della battitura del grano, della vendemmia ecc ecc.
Per dei bambini piccoli come ero io tutti i periodi erano veramente eccitanti. Ma il più eccitante in assoluto era il giorno della battitura del grano.
Arrivava questa macchina enorme che divideva i chicchi di grano dal resto. I chicchi di grano andavano a finire in delle balle di iuta e dopo portate al mulino. Il resto era paglia e veniva immagazzinata nei fienili per servire da pasto per gli animali da soma o da lavoro in inverno.
La mattina si veniva svegliati dal rumore ritmico di questa macchina, che era molto forte e vestiti alla meno peggio e senza far nemmeno colazione correvamo nell’aia a vedere la macchina, quella mostruosità che un pò ci faceva paura, un pò di affascinava.

E la giornata andava avanti così con i contadini vicini che venivano a dare una mano, portandosi dietro vecchi e bambini. Verso mezzogiorno in un’angolo dell’aia veniva apparecchiato su delle tavole improvvisate e si mangiava tutti insieme, la pastasciutta al ragù di carne e la carne sulla griglia con montagne di verdure e patate arrosto. Era veramente una bella festa che si concludeva la sera con una cena sempre sull’aia e una veglia fino a tardi. Anche a noi bambini in quell’occasione veniva concesso di stare alzati fino a tardi e ci divertivamo andando a caccia di lucciole che una volta tornati a casa mettevamo sotto un bicchiere e al mattino al posto delle lucciole trovavamo dei soldini.

Un’altra bella giornata era quella della vendemmia. Anche in questa occasione venivano a dare una mano i contadini vicini, come noi facevamo a nostra volta. Quindi si partiva di casa con un bel cestino di vimini e un paio di forbici. Entravamo in un filare e riempivamo il cesto di grappoli di uva. Intanto arrivava il carro con il tino portato da due buoi e ogni volta che avevamo il cesto pieno si andava al tino e si vuotava dentro.
Sempre a mezzogiorno si mangiava nell’aia tutti insieme e una volta finita la vendemmia, noi bambini piccoli ci mettevano dentro il tino a piedi scalzi a pigiare l’uva. Era divertentissimo.

Anche questa era una festa che durava tutto il giorno e il giorno dopo si andava da qualche vicino e si ricominciava da capo.
Si arrivava alla raccolta delle ulive, ma questo non era uno dei miei periodi preferiti. Di solito si iniziano a raccogliere le olive di novembre e in quel periodo quando non piove fà freddo. Mi ricordo le mani che si intirizzivano dopo un pò. Quando si tornava a casa ci si precipitava alla stufa per scaldarci. Ma poi iniziata il bello di questo periodo. Ci mettevamo tutti intorno a un tavolo dove venivano messe le olive un pò per volta e si dovevano togliere tutte le foglie e i piccioli delle olive.

Allora i nonni ci raccontavano storie che ascoltavamo rapiti anche se già le conoscevamo, ma non ci saremo mai stancati di sentirle. L’inverno è una stagione abbastanza triste in campagna. Fa buio presto, piove e costringe noi ragazzi a stare in casa. La cosa buona è che in campagna le case erano spesso molto grandi e a noi bambini e ragazzi avevamo sempre una stanza dove poter portare i nostri giocattoli e giocare tutti insieme, dopo aver fatto i compiti di scuola e fino all’ora di cena. Stanze di solito fredde, non c’era il riscaldamento allora. In cucina c’era la stufa a legna che serviva sia per scaldare che per cucinare. Nel salotto buono c’era il camino, che veniva acceso solo pochissime volte l’anno, di solito per le feste natalizie. Nelle altre parti della casa non c’era niente.

Ma a noi ragazzi non importava, bastava poter giocare. Tutti questi ricordi appartengono agli anni fine 50 inizio anni 60. Ma già qualche anno dopo tutto è iniziato a cambiare. L’arrivo della rete idraulica, i primi elettrodomestici, il telefono, che piano piano si è diffuso in tutte le case e noi ragazzi che una volta finite le scuole elementari che erano in paese, abbiamo iniziato le scuole medie in città dove tutto era un pò diverso, per certi versi molto diverso. Alcune cose per alcuni i anni sono rimaste uguali. La vendemmia, la battitura del grano, le feste paesane, e le persone che si aiutavano a vicenda, le veglie e le amicizie, poi piano piano tutto ha iniziato a cambiare e le persone hanno iniziato a fare più vita ognuno per conto suo.

I vecchi che erano quelli che portavano avanti le vecchie tradizioni, hanno iniziato a mancare e i figli non hanno rinnovato quelle tradizioni. Con l’arrivo poi delle auto ci siamo allontanati ancora di più gli uni dagli altri. E anche se ancora coltiviamo qualche amicizia di quando eravamo piccoli, ci si vede sempre più raramente presi dalla vita frenetica che siamo costretti a vivere oggi. Ed è strano pensare che tutta la tecnologia che ci dà una mano a fare tante cose e quindi dovremmo avere più tempo da dedicare a noi stessi e agli altri, invece ci aiuta ad isolarci sempre di più. Anche i parenti stretti, zii, zie e cugini che una volta frequentavamo molto spesso, adesso ci vediamo solamente in occasione di qualche matrimonio o battesimo o funerale.

E ogni volta ci guardiamo e diciamo: “dobbiamo trovarci una sera tutti insieme come una volta”, ma chissà come mai non lo facciamo. Ognuno torna alla sua vita, ai suoi problemi e via via che muoiono i vecchi, che sono quelli che ancora fanno da collante nelle famiglie, si inizia a mancare a qualche matrimonio, a qualche battesimo e magari ci troviamo solo in occasione di qualche funerale. E scopriamo figli di cugini che non conoscevamo, famiglie che si sono formate senza che ne sapessimo qualcosa e quando ci ritroviamo così prende sempre un pò di tristezza e voglia di ripensare a com’era la vita tanti anni fà e magari raccontarla ai giovani, perchè a me sembra che ai giovani di oggi manchi qualcosa.

Qualcosa che noi avevamo in abbondanza e che adesso ci manca veramente, la voglia di stare insieme, di aiutarci, di sostenerci, di gioire delle cose belle insieme e di consolarci a vicenda per le cose brutte. E allora pensi che neanche tu stai facendo niente per far tornare quel modo di vivere, ti trovi mille giustificazioni, che la gente è egoista e non sà pensare che a se stessa. Ma in fondo ci siamo abituati a guardare solo nel nostro orticello e a fregarcene di quello del vicino.



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1 commento su “Si stava meglio quando si stava peggio”

  1. I tempi sono cambiati e stiamo assistendo ad una sistematica diminuizione dei valori che da sempre hanno contraddistinto l’umanità. Abbiamo abbandonato tutte quelle motivazioni che ci spingevano ad un comportamento più altruista non perchè la modernità ci ha illuminati ma perchè è più comodo per tutti.

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